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Leggere è…

Back to school

di Maria Rita Di Rollo

 

La lettura ha conosciuto, nel corso dei secoli, una sua evoluzione, in quanto essa non si è configurata sempre allo stesso modo. Il termine latino legere, prima ancora di leggere, stava a significare ‘raccogliere’, ‘fare un fascio’ che non è null’altro che l’attività che fanno i nostri occhi quando mettono insieme le lettere dell’alfabeto e le legano in sillabe. Fin dal III secolo d.C. ‘leggere un libro’ aveva il significato di ‘leggere un rotolo’, ossia utilizzare un rotolo di papiro su cui scrivere; tradizione questa diffusa prima in Grecia e nota successivamente anche nel mondo romano.

Solo a partire dal II secolo d.C. il rotolo lasciò il posto al codex, ossia al libro ‘a pagine’. Tale passaggio rappresenta un mutamento profondo, non solo per come avveniva la lettura, ma anche per i contenuti che nel codex potevano essere riversati. Nel Medioevo i testi per eccellenza erano quelli sacri, ma proprio in questo periodo alla lettura ad alta voce si affiancò la lettura silenziosa. La lettura si trasformò però, in modo radicale, con la nascita della stampa ad opera di Gutenberg. Durante questo periodo il libro in assoluto più stampato fu la Bibbia; quella tedesca di Martin Lutero conobbe ben quattrocento ristampe già prima della morte del frate stesso.

Ma è solo in tempi più recenti, ossia a partire dal XVIII secolo fino all’ultimo decennio del XIX, che la lettura diventa un ‘fenomeno di massa’, con la circolazione di volumi molto vari nei contenuti e nelle tecniche di stampa; viene individuato un nuovo pubblico, più popolare, che deve essere raggiunto e coinvolto nei contenuti proposti. Il XIX secolo è infatti il periodo in cui, nel mondo occidentale, si consegue l’alfabetismo di massa grazie principalmente alla diffusione dell’istruzione primaria. La quantità di libri che viene prodotta diventa sempre più elevata dal XX secolo in poi, ma con lo sviluppo dell’industria, della televisione e dei mezzi informatici, la sopravvivenza stessa del libro sembra essere minata.

Dunque quale valore assegnare oggi alla lettura e soprattutto come educare ad essa? Lo scrittore francese Daniel Pennac, delineando la figura del lettore nel suo testo Come un romanzo, fa riferimento ai diritti che ogni lettore possiede. Egli ne individua ben dieci: il diritto di non leggere, il diritto di saltare le pagine, il diritto di non finire un libro, il diritto di rileggere, il diritto di leggere qualsiasi cosa, il diritto al bovarismo, il diritto di leggere ovunque, il diritto di spizzicare, il diritto di leggere ad alta voce e il diritto di tacere. I giovani – aggiunge Pennac – hanno attualmente un rapporto difficile con la lettura poiché essa implica spesso un obbligo imposto da docenti o genitori; alcuni verbi però non sopportano l’imperativo. Non si può imporre di leggere, di amare, di sognare. Leggere deve dunque diventare una scoperta, un viaggio a cui lentamente ci si prepara per costruire un incontro con situazioni e personaggi che realmente non incontreremo mai.

È necessario, però, creare occasioni favorevoli affinché tale incontro abbia luogo. È indiscutibilmente dimostrata la valenza formativa della lettura nello sviluppo cognitivo del bambino. È infatti sin dalla più tenera età, quando il bambino non è ancora in grado di leggere, che l’adulto deve farsi mediatore attraverso la lettura ad alta voce, evidenziando la propria passione ed il proprio coinvolgimento. Il bambino infatti, nei primi anni di vita, ha un forte desiderio di emulazione e quindi in futuro gli sarà più agevole ripetere anche autonomamente tale esperienza. Successivamente deve essere la scuola a farsi carico di questo compito, educando non solo alla lettura di tipo funzionale, ossia finalizzata ad ottenere informazioni specifiche utili all’apprendimento, ma anche allenando i giovani alla cosiddetta ‘lettura ricreativa’, caratterizzata sostanzialmente dal piacere di leggere e dal potersi immergere in una realtà diversa ed immaginaria.

Parlando della sua idea di lettura, Marcel Proust sostiene che le caratteristiche fondamentali di un bel libro sono quelle che per l’autore potrebbero chiamarsi ‘conclusioni’, e per il lettore ‘incitamenti’, poiché chi legge è cosciente del fatto che «la sua saggezza comincia là dove finisce quella dello scrittore». È il lettore che deve trovare una risposta agli interrogativi presenti in un libro, è lui stesso che deve inerpicarsi tra i personaggi, le vicende, le emozioni.

D’altro canto, come dice Italo Calvino nel breve saggio Il libro, i libri, possiamo metaforicamente concepire il libro come mondo ed il mondo come un libro; immergersi in esso vuol dire assaporare la magia della parola nel suo saper essere arte combinatoria.

 

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