Papa Giovanni IX
Vecchie storie
di Mauro Rosa
«…nel suo breve pontificato svolse opera di serena e intelligente pacificazione religiosa e civile…» (5)
«Era adorno di somma dottrina, di saviezza non comune e ripieno di apostolico zelo…» (3).
Dopo la fine dell’Impero Romano d’Occidente (476) e le invasioni barbariche, Roma rimase capitale ‘morale’ grazie alla presenza del Papa e all’espansione della fede cattolica. Bisanzio, capitale dell’Impero d’Oriente, troppo lontana dai territori dell’Occidente, non intervenne in difesa di Roma durante le invasioni, preferendo mantenere il ben più ricco e più facilmente difendibile mercato d’Oriente e la supremazia ‘morale’ sui conquistatori avvicendatisi in Europa; ma alla metà dell’ottavo secolo Pipino, Re dei Franchi e capostipite della dinastia Carolingia, chiese a Papa Stefano II – ed il Pontefice concesse – l’unzione papale come riconoscimento della legittimità della sua autorità. Questo atto, illegale – essendo il riconoscimento del potere temporale prerogativa dell’unico erede di Roma ossia l’Imperatore di Bisanzio, e non avendo il Papa diritto formale a legittimare un Re – fece sì che i Franchi discesi in Italia sconfiggessero e scacciassero Astolfo Re dei Longobardi; ne conseguì la prima donazione di territori da Pipino al Papa e la nascita del potere temporale del Papa, ossia dello stato della Chiesa.
Carlo Magno, figlio di Pipino, estese le conquiste e il dominio dei Franchi in parte dell’Europa e, nella notte di Natale dell’anno 800, ottenne da Papa Leone III l’unzione papale: l’atto era ormai il riconoscimento ufficiale del potere e il Re Carlo assurgeva al titolo di Imperatore del Sacro Romano Impero; era il ritorno di un potere ‘centrale’ forte. Ma già le lotte che intercorsero tra i suoi eredi – dal figlio Ludovico il Pio ai nipoti – e la pressione delle popolazioni barbare non più solo da est (Ungari) e nord (Normanni) ma anche dalle coste africane (Saraceni), portarono, a metà del nono secolo, alla disgregazione dell’Impero e alla nascita di forme di potere locali – il feudo – e all’autarchia, ossia una forma di economia fondata sui beni locali con la riduzione, quasi fino alla scomparsa, dei commerci. Le stesse vie dell’Impero Romano, viste ormai come strade favorenti l’arrivo di truppe d’invasione straniera, furono distrutte, accentuando l’isolamento frazionato delle popolazioni. Il nuovo potere temporale della Chiesa iniziò a dipendere dalle forze armate dei potenti di ogni tempo potenti che, in cambio, ricevevano dal Papa la formalizzazione sacra della carica.
Giovanni nacque in Tivoli nell’anno 840, figlio di Rampoaldo, da casata di probabile origine germanica.
«Circa la famiglia da cui trasse origine il Papa Giovanni IX, piacemi aggiungere che taluni dicono che fosse la Serbucci, come leggesi nel Manoscritto dell’Abbate Caetani, conservato nella Biblioteca Alessandrina». (1)
Consacrato sacerdote da Papa Formoso, fu monaco benedettino, abate del monastero di San Clemente in Tivoli, ed infine nominato cardinale diacono (1,6). Morto Papa Teodoro II (gennaio 898), in Roma iniziò la lotta tra coloro che volevano eletto Giovanni, indicato già da Papa Formoso, (guidati da Arnolfo Re dei Franchi Orientali) e coloro che volevano eletto il vescovo di Cerveteri Sergio (sostenuti da Lamberto, duca di Spoleto, autonominatosi Re d’Italia): prevalsero i primi ed elessero Giovanni. Sergio fu allontanato e Giovanni si insediò tra gennaio e febbraio dell’898. Si impegnò su più fronti sempre con lo scopo di pacificare le parti e far rispettare le leggi; tentò di ricondurre alla ragione la Chiesa d’Oriente, di portare la Moravia nella sfera d’influenza della Cristianità, di impedire il ripetersi delle indebite appropriazioni che si susseguivano ad ogni vacatio Papale. In poco più di due anni di Pontificato tenne tre Concili, del primo dei quali non si hanno notizie (2)
Nel secondo concilio, tenutosi in Roma nella primavera dell’898, riabilitò totalmente e definitivamente il suo mentore e maestro Papa Formoso. Questi aveva dovuto incoronare Guido (padre di Lamberto) di Spoleto per ottenere la sicurezza di Roma, ma senza troppa convinzione; e il duca di Spoleto lo ripagò compiendo impunemente razzie all’interno del territorio della Chiesa. Formoso allora si rivolse ad Arnolfo il quale non riuscì a dargli protezione; morto Formoso nel 896 il successore Stefano VI, sotto la spinta del Duca di Spoleto, convocò un sinodo (6) nel quale fu processato e condannato il cadavere riesumato di Papa Formoso defunto da sei mesi e in putrefazione. Il cadavere, interrogato, non avendo risposto alle accuse, fu mutilato delle prime tre dita della mano destra e gettato nel Tevere. Il ‘sinodo del cadavere’ che aveva condannato post mortem Papa Formoso, fu annullato da Giovanni IX e i relativi documenti vennero bruciati…
Denaro 898 d.C.: a sinistra nel cerchio IOANHES (monogramma) e LANTVERT IMP
circolare; a destra busto di San Pietro e scritta PETRVS
Foto e moneta dell’autore
Ma nel concilio di Roma spicca, per le notevoli implicazioni politiche, anche l’annullamento dell’unzione a imperatore da parte di papa Formoso nei confronti di Arnolfo di Carinzia (896) e la conferma del titolo imperiale a Lamberto di Spoleto (892) operazione di real-politik. Arnolfo, malato e debole politicamente, ancorché legittimato dal Papa Formoso, non poteva dare le garanzie di protezione del papato fornite da Lamberto.
Seguendo questa linea di pragmatismo politico, nel terzo concilio tenutosi a Ravenna, papa Giovanni e Lamberto si incontrarono, nel luglio dell’898. Il pontefice sancì che la consacrazione dei papi dovesse svolgersi solo alla presenza dei legati imperiali, ribadendo la Constitutio Romana dell’824 voluta da Lotario Re d’Italia (figlio di Ludovico il Pio) in cui si riconosceva la sovranità anche temporale del papa sullo Stato della Chiesa (con obbligo per i cittadini e sudditi di giurare fedeltà al Papa), agli eredi del Senato (gli aristocratici) i poteri municipali, all’Imperatore il ruolo di Patrizio (protettore di Roma).
Dal decreto Papale emanato durante il Concilio:
«…siccome la Santa Chiesa Romana… si trova esposta ad ogni morte di Pontefice alla violenza e alle corruzioni dell’oro… così noi vogliamo che d’ora innanzi il Pontefice, eletto dai vescovi e da tutto il clero dietro la domanda del senato e del popolo romano, venga consacrato in presenza dei commissari imperiali e al cospetto di tutti i fedeli…» (4)
Ma solo pochi mesi dopo, nell’ottobre 898, Lamberto morì in un incidente di caccia. Arnolfo, impegnato dall’invasione degli Ungari, morì a sua volta nel novembre 899. Tutti gli sforzi del Papa di mantenere al comando della politica italiana ed europea un rappresentante della casata spoletina o germanica erano svaniti e già altri pretendenti si apprestavano a prendere il sopravvento. Giovanni IX non fece in tempo a vedere l’evolvere delle cose politiche essendo sopravvenuta anche la sua morte nei primi mesi (Gennaio o Maggio, per altri il 26 marzo) del 900. Sepolto nell’antica Basilica di San Pietro Costantiniana l’epitaffio sulla sua tomba recita:
«…clarissima gemma bonorum… cum sanctis capiat regna beata Dei» (1)
Mauro Rosa
Bibliografia:
1) Cascioli G., Uomini illustri o degni di memoria della città di Tivoli, 1927
2) Gnocchi C. Vol.55, Enciclopedia Treccani, 2001
3) Melchiorri S., Memorie storiche del culto e venerazione dell’immagine di Maria Santissima, Monaldi, ed.1864
4) Moroni G., Dizionario di erudizione storico ecclesiastica, 1845
5) Mosti R., Storia e monumenti di Tivoli, Società Tiburtina di storia e arte, 1968
6) Pacifici V., Tivoli nel medioevo, AMST, cap. V, 1925