Villa d’Este dimora degli dei
Territorio da scoprire
di Roberto Giagnoli
Entrare in Villa d’Este pensando di visitare semplicemente una lussuosa dimora, un palazzo dove la ricchezza sfoggia i propri capricci, può precluderci un piacere più sottile, da assaporare privandoci di qualunque pregiudizio.
Villa d’Este è lo scrigno segreto di preziosi misteri, è il labirinto magico che l’eroe attraversa per raggiungere la vittoria sui lacciuoli terreni, è la dimora degli dei, la celebrazione di una sacralità archetipa. Attraversando le sale del Palazzo ci si avvia nella giusta dimensione storica e temporale per poter comprendere appieno la vera bellezza del giardino.
L’ingresso, volutamente sobrio, cela l’insospettata Villa, come la volle Ippolito d’Este, l’ultimo dei grandi Cardinali del Rinascimento, figlio di Alfonso I d’Este e di Lucrezia Borgia, cresciuto nella raffinata Corte Ferrarese. Colto e amante delle arti, mecenate dei più grandi artisti e letterati dell’epoca, il Cardinale commissiona a Pirro Ligorio, celebre architetto umanista e fine conoscitore delle arti e della filosofia (oltre che antiquario personale del Cardinale), la realizzazione della Villa, dalla preesistente struttura di un vecchio convento. I lavori iniziano verso la seconda metà del ’500, con l’apporto di famosi artisti come Federico Zuccari, Livio Agresti, Girolamo Muziano, il Bernini, e seguono un disegno ben preciso nel suo significato iconografico, a complemento della simbologia del giardino.
Al di là della storia dettagliata di Villa d’Este, che, per ricchezza e importanza artistica e simbologica merita sicuramente approfondimenti in innumerevoli piani di lettura, in queste pagine, si desidera più modestamente evidenziare il profilo poetico, e quindi
anche simbologico, che ci permetta di comprendere l’esistenza della Villa in rapporto e nel contesto della città. Non a caso è proprio Tivoli il luogo eletto per accogliere questa perla del sapere rinascimentale.
Un filo logico lega l’anima della Villa d’Este alla storia esoterica della città. Ricorrono le simbologie che rimandano alla vicina Villa dell’Imperatore Adriano, in cui l’acqua e i simboli mitologici del vicino Oriente sono il motivo conduttore, come anche i riferimenti ai templi tiburtini di Vesta, della Sibilla ed Ercole Vincitore (il cui culto era primario nella città da tempi immemorabili), e le metafore sull’elemento acqua, che a Tivoli anima il paesaggio sotto svariate forme. L’iconografia della Villa utilizza gli elementi propri del territorio come scenario ideale per le rappresentazioni dei temi mitologici, di cui sono principali protagonisti i personaggi di Ercole, Venere e Diana, i quali conducono lo spettatore in un complesso sistema simbolico, incentrato sul tema morale, in un gioco in cui l’alternanza tra il Bene e il Male si confrontano.
I temi pagani, illustrati con stile esuberante e apparentemente lussurioso, la scarsezza di soggetti religiosi cristiani, dimostrano come il Cardinale abbia interpretato ai massimi livelli il pensiero colto dell’epoca, che utilizza il linguaggio dei simboli, per svelare, solo a menti non profane, i misteri della Sapienza ermetica. Paradossalmente, i temi pagani sono adottati per esaltare le virtù cristiane, attraverso un linguaggio originale che percorre la storia dell’uomo fino alle origini, appunto, all’acqua.
È un vero peccato che la chiave di lettura sia oggi inconsueta e dimenticata, ma permane il messaggio rinascimentale: l’arte e l’armonia degli elementi aprono lo spirito e la mente a nuove e insolite vie di comprensione.
Questo è un concetto che ancora possiamo apprezzare, anche da profani, gustando la straordinaria bellezza e le particolarità di questo luogo, nella speranza ambiziosa di comprenderne il segreto e misterioso messaggio.