La zecca di Tivoli
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La zecca di Tivoli

Vecchie storie

di Mauro Rosa

La zecca di TivoliPapa Pio VI°, al secolo Giannangelo Braschi, di nobile famiglia, appena diciottenne già laureato in Diritto, fu eletto al soglio pontificio nel 1775 (250° successore di San Pietro); nella sua attività pastorale celebrò l’anno santo del 1775, approvò la traduzione in italiano della Bibbia, emanò un editto di tolleranza nei confronti del Protestantesimo, si trovò ad affrontare le conseguenze della Rivoluzione Francese del 1789 e la successiva rottura unilaterale del concordato; incoraggiò le arti, commissionando importanti lavori al Valadier, al Canova, ma anche le manifatture ; promosse lavori di restauro in Roma, una grande opera di bonifica delle pianure malariche del Pontino e di sistemazione dei porti dello Stato Pontificio.

Le conseguenti ingenti spese impegnarono la zecca di Roma nel conio di moneta principalmente in metallo pregiato e portarono alla apertura o al ripristino di alcune zecche minori provinciali (chirografi del 1794-7, Gubbio già dal 1788) al fine di migliorare la diffusione del denaro circolante, specie quello di rame dei tagli più piccoli, necessario per i piccoli commerci. Pio VI diede il privilegio di battere monete in rame e in argento, con le stesse norme e conii analoghi a quelli di Roma, a 17 città minori dello Stato.

La zecca di Tivoli fu autorizzata alla coniazione delle sole monete in rame con chirografo (documento di attestazione papale) del 20 Giugno 1797 (anche se già dal giugno del 1736, stante la possibilità di usare macchinari mossi dalla forza dell’Aniene, il Cardinal Imperiali, Prefetto della Congregazione del Buon Governo, aveva autorizzato uno studio di fattibilità per impiantare una zecca per sole monete di rame). L’appalto fu affidato a Luigi Severi e Carlo Sartori ed i conii preparati dal celebre Tommaso Mercandetti, medagliere dell’epoca.

La zecca di TivoliLato recto e lato verso della moneta

I 5 bajocchi, popolarmente detti ‘Madonnina’ per l’immagine sacra riprodotta sul lato frontale della moneta (coronata dalla scritta ‘Sancta dei genitrix’), furono coniati in numero di 574.000 per un controvalore di 28.700 scudi e sono l’unica moneta giunta a noi dalla zecca di Tivoli; risultano coniati, per il fatto che i conii poi restituiti erano usurati, anche i ‘mezzi bajocchi’ dei quali non sono giunti a noi esemplari.

Prezzi e pezzature imposte dall’Annona Pontificia sui beni di prima necessità e più largo uso, facevano in modo che con 5 bajocchi all’epoca si potessero acquistare 15 once (440 gr) di pane o 12 once (330 gr) di carne non certo della più pregiata; il salario di un muratore era di 32 bajocchi al giorno e 17 ne spettavano al suo garzone; un docente Universitario guadagnava 24 scudi (2400 bajocchi) al mese e un alto ufficiale della Marina Pontificia 120 scudi (12.000 bajocchi) al mese, un marinaio 58 scudi (5.800 bajocchi) al mese; l’appannaggio di un Cardinale era, per confronto, di 4.000 scudi (400.000 bajocchi) annui (33.333 al mese).

Nel marzo 1796 il Direttorio della rivoluzione Francese pose a capo di un esercito d’invasione dell’Italia il Generale Napoleone Bonaparte. Questi estese il dominio francese all’Italia settentrionale fino a invadere territori anche dello Stato Pontifico (1797 Emilia e Romagna). Sul finire dell’anno le truppe francesi finirono con appropriarsi anche del resto dello Stato e di Roma, dichiararono decaduto il potere temporale del Papa, lo arrestarono, lo deportarono in Siena prima e a Valence (FR) poi, proclamando la Repubblica Romana.

Alla chiusura generale del 27 novembre 1797 delle attività imposta dal Consoli, Tivoli restituì alla zecca di Roma i conii; la Repubblica Romana, il 23 giugno 1798, necessitando comunque di moneta minuta per i piccoli commerci, incaricò con un nuovo contratto Luigi Severi e la zecca riprese le coniazioni. Ma il Severi gestì in modo fraudolento l’attività, producendo monete in proprio e con conii di altre zecche (ad esempio di Macerata). Di conseguenza, il 3 agosto 1798, il ministro delle Finanze della Repubblica dispose la definitiva chiusura dell’officina tiburtina. Papa Pio VI° morirà in esilio nell’Agosto del 1799.

 

Bibliografia essenziale:

  • Neri Scerni, Fatti e misfatti nella zecca di Tivoli, Italia Numismatica, 12-1969
  • com
  • Di Braccio G., Doddi C., Saluti da Tivoli, Archeo Tibur, 3/2017

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