La via dell’ “ESSERE”
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di Giovanni Beccarini Crescenzi
Trattare il tema dell’essere è ciò che l’uomo si è prefisso fin dal tempo in cui si rese conto di custodire, all’interno della sua natura imperfetta, i temi della perfezione. I filosofi dell’antica Grecia hanno cercato di chiarire con Parmenide che l’essere ‘è incondizionatamente’ nel momento stesso in cui ‘si pone’, senza lasciare chance al ciò che ‘non è’, perché non conoscibile, non spiegabile, visto che, nel momento stesso in cui lo si pronuncia, il ‘non è’ perde le sue prerogative di ‘non essere’. Si potrebbe obiettare che la evidente caducità del mondo e delle cose e – ahimè – dell’uomo, sia l’evidenza provata dell’esistenza del ‘non essere’ o del ‘nulla’ ma, purtroppo (o per fortuna), anch’essa è preda di una constatazione ‘che è’. Il resto sono ipotesi legate al tentativo di competere con ciò che determina le nostre riflessioni e precisamente con ‘il pensiero’ ‘che è’, cercando, in modo non motivabile, di costringerlo ad ammettere una natura che non lo riguarda e che non potrà mai confrontarsi con la sua, se non al prezzo di rischiare di insinuare, nel ‘pensiero stesso’, il dubbio di essere pura fantasia instabile o addirittura egli stesso il ‘Nulla’. Tale assurdità è ampiamente vinta dalla teoria hegeliana del ‘Reale Razionale, Razionale Reale’ con la quale, l’esimio filosofo tedesco, esprime l’evidente necessità che il pensiero ha di riferirsi al ‘ciò che è’ come ratio ‘dell’esprimersi stesso’, ovvero come unica istanza della possibilità di ragionare del reale.