L’evoluzione degli ultimi cinque anni di un veicolo inventato 203 anni fa: la bicicletta
di Pietro Nigrelli
Era il 17 giugno 1817 quando Karl Drais depositava, presso l’Ufficio Brevetti di Mannheim, il suo primo brevetto di ‘Laufmachine’, letteralmente: ‘macchina per correre veloce’.
Sei mesi prima, un vulcano in Nicaragua aveva eruttato talmente tanta lava, cenere e lapilli da creare un’immensa quanto gigantesca nuvola di polvere lavica che piano piano arrivò sui cieli di mezza Europa, lasciandosi poi precipitare sotto forma di pioggia acida anche sui terreni della Germania meridionale. La pioggia bruciò intere piantagioni di biada, fieno, erba, che rappresentavano, di fatto, la benzina dei veicoli del tempo: i cavalli.
Ne conseguì una moria di fame degli stessi che portò l’aristocratico tedesco a inventarsi una soluzione per continuare a spostarsi velocemente nelle pianure della Germania del Sud di allora. Nacque dunque un veicolo formato da due ruote in legno, un telaio orizzontale che le univa e un timone per sterzare la ruota anteriore, e che era mosso dalla forza delle gambe del guidatore che, restando seduto, le muoveva come in una sorta di camminata aerea, ma che al contempo scaricava per terra la forza generata dalle proprie gambe dando così modo al velocipede di muoversi velocemente. La velocità media era infatti di circa 15 km/h.
Nasceva la Draisina – il nome derivava dal suo inventore – che rappresenta, oggi, la capostipite di quella che oggi chiamiamo ‘bicicletta’.
Sono passati 203 anni da allora e la bicicletta ha subito numerose trasformazioni, fino a raggiungere i livelli di perfezione tecnologica che conosciamo oggi.
La Draisina subì dei cambi nei materiali e nelle dimensioni delle ruote. Successivamente fu data trazione con i pedali, venne aggiunto il cambio, e via via fino ai giorni nostri, in una continua evoluzione di materiali, forme, dimensioni dei tubi, cerchi, gomme, fino a far diventare la bicicletta – e sono in molti a dimostrarlo – il veicolo più efficiente che oggi esista. Essa è, infatti, l’unico veicolo ad avere una massa inferiore – di circa un quinto – di quella di chi la conduce, l’unico strumento di spostamento nel quale si sta seduti, e uno dei pochi in cui non occorre utilizzare energia per spostare in alto il baricentro del sistema veicolo. Banalmente, come accade a chi corre a piedi.
Insomma, una grandissima efficienza di progetto a cui si aggiungono, oggi, importanti innovazioni tecnologiche, come ad esempio i telai in carbonio o i mozzi ruota in ceramica, tali da consentire il minor attrito possibile nei due assi delle due ruote, facilitando così ancora di più la pedalata del ciclista.
Per restare ancora in tema di efficienza è importante che la bicicletta sia realizzata ‘su misura’. Esistono infatti diverse misure del telaio, tali da permettere ad ognuno di noi di trovare la giusta regolazione della posizione in sella, e quindi di poter sfruttare al meglio, e senza spreco di energie, tutte le nostre forze per una massima efficienza di pedalata. Diciamo sempre che una bici è come un vestito: occorre indossarlo della taglia giusta.
Negli anni l’evoluzione tecnologica ha spostato il proprio focus dai materiali e dalle soluzioni di maggiore efficienza dinamica alle nuove tecnologie propulsive.
Circa 25 anni fa fu presentato sul mercato un veicolo che ricorda – anche se solo in parte – i primi motorini a pedale tipo Velosolex, o il Ciao Piaggio: si tratta dell’EPAC, la Electric Pedal Assisted Cycle o, come si dice in italiano, la ‘Bicicletta a Pedalata Assistita’.
Invenzione europea, sta letteralmente ridefinendo tutti i paradigmi legati al mondo delle due ruote a pedali.
È una bici normalissima, dotata di un motore a 250 watt che assiste il ciclista nella pedalata e che si interrompe ogniqualvolta lo stesso smette di pedalare o supera la velocità massima di 25 km/h. Questo veicolo è a tutti gli effetti equiparato ad una bicicletta – anche nel codice della strada, esattamente all’art. 50 – e può circolare su pubblica via esattamente come una bici. Ridefinisce i paradigmi perché grazie ad essa una salita, un cavalcavia, o un tragitto più lungo di 5/6 km, non rappresentano più un problema, neanche per i ciclisti meno allenati. Chiunque, grazie alla e-bike, diviene in grado di andare in bicicletta senza fare troppa fatica, modulando la quantità di sforzo in base alle proprie condizioni fisiche. Già di suo, la bicicletta permette di produrre uno sforzo che va dal ‘meno possibile’ al ‘massimo voluto’ – dipende dal ciclista – e la pedalata, assistita dal motore con i suoi livelli di potenza disponibili, rende la varietà di opportunità per i ciclisti ancora maggiore. I dati di vendita ci dicono che la percentuale di clienti e-bike che provengono da un mondo di ‘non-ciclisti’ è decisamente maggiore rispetto a quella di coloro che, approdati ad essa, erano invece già abituati a pedalare in maniera tradizionale.
Quest’anno sarà ricordato quasi certamente per la pandemia da Covid-19, che ha interessato tutti, lasciando strascichi e situazioni gravi in tutto il mondo. Non eravamo preparati ad un virus così aggressivo e pervasivo, e abbiamo pagato un caro prezzo. Di fronte a scenari così cupi, e con la voglia di cogliere qualcosa di buono legato a questo periodo, possiamo indicare, fra le tante cose, la bicicletta. Soprattutto le e-bike.
Non è la prima volta che la bicicletta rappresenta un modello di rinascita o di sviluppo di questo paese ma, mentre in passato era l’unico veicolo che consentiva uno spostamento, soprattutto economico, delle persone, oggi assistiamo ad un ritorno all’uso della bici motivato per lo più da una evoluzione della consapevolezza dei cittadini oltre che dal fattore ‘Bonus all’acquisto’.
Esiste una paura a prendere i mezzi pubblici e, anche se gli indici di contagio, oggi, sono bassi, treni, metropolitane e autobus restano ancora parzialmente vuoti. Aggiungiamo che, appena le persone hanno potuto uscire nuovamente da casa per riassaporare il piacere di una passeggiata, in moltissimi hanno usato la bici.
Tutti questi fattori insieme e la concomitanza, voluta fortemente da ANCMA – Associazione Nazionale Ciclo Motociclo Accessori, della riapertura dei negozi di bici anticipatamente al 5 maggio (rispetto alla data del 18 maggio decisa per tutto il resto del retail), ha creato un boom di vendite: 540.000 bici vendute nel mese di maggio con un incremento di 200.000 bici rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente.
Per la filiera produttiva e distributiva, questo boom di richieste ha letteralmente spiazzato sia i fabbricanti che gli importatori. Non era facile prevederla, e nessuno avrebbe pensato di poter arrivare a questo livello di vendite in così poco tempo, visti anche gli scenari che si profilavano all’orizzonte, a metà marzo, con i primi DPCM, che chiudevano il paese prefigurando scenari apocalittici.
Fra tutte queste ragioni, il Bonus Bici ha determinato una scossa dal punto di vista delle richieste di biciclette in negozio. Questo incentivo apparteneva ad un capitolo di spesa del MATTM già presente nella finanziaria dello scorso anno. Si trattava di fondi previsti nel Decreto Clima che prevedeva un Bonus Rottamazione che avrebbe dovuto convincere gli italiani a rottamare la propria vecchia auto a valore zero, ma, visti i risultati da un punto di vista ambientale ottenuti nel periodo di lockdown, il Ministero ha pensato di trasformare parte di questi fondi in un incentivo all’acquisto. È nata così la proposta di finanziare l’acquisto di bici al 60% del prezzo fino ad un massimo di 500 euro.
Per tutto quanto scritto non è difficile immaginare un futuro ancora in evoluzione per questo straordinario veicolo che, anno dopo anno, si rinnova e sempre ci stupisce.
Buona Bici a TUTTI!