Mozart – Sinfonia n°41
La discoteca ideale
di Cosimo Cannalire
Mozart si lancia nell’ultima sinfonia in un opening lirico, proemio di una sinfonia da fine estate, inizio autunno con un carattere melodico quieto e riflessivo.
Perché il nickname Jupiter? Forse perché richiama Dio (e Woody Allen lo ricorda iconoclasticamente in Manhattan identificando il secondo movimento della Jupiter come una prova di esistenza divina).
Scritta in pochi giorni come solo un consumato genio è in grado di fare, appare in primis luminosa, trasparente, quasi madreperlacea, ma sotto la superficie cova un’abilità combinatoria unica.
La sinfonia settecentesca è chiaramente visibile nella sua logica musicale semplice con uso ricorrente di rondò, ma il contrappunto le dà un’identità particolare accoppiata con un senso della complessità e dell’artificio.
L’andante con i suoi violini in sordina ha una malinconia sovrannaturale, mentre il minuetto che segue la riporta su una struttura musicale assertiva.
Il finale in particolare è ineffabile: da una melodia gregoriana il movimento si sviluppa in cinque temi diversi che giocano tra loro fino a confluire in un fugato finale.
Bellissima la versione di Bernstein con Vienna che concilia rotondità, agilità e precisione nel fraseggio. I tempi piuttosto lenti sono compensati dalla leggerezza esecutiva.
Jacobs con Friburgo su strumenti originali ci accompagna con toni talvolta scherzosi simil-operistici lungo questa esperienza multisensoriale.
Mackerras, grande mozartiano, con la Scottish Symphony Orchestra usa strumenti moderni, ma con spirito antico, con un’interpretazione forse non troppo romantica, ma di certo umana.
L’equilibrio si raggiunge con Gardiner ed i suoi English Baroque Solists su strumenti originali: il direttore non è certo frigido nell’approccio, crea ritmi ove necessario ed introduce tensioni senza alterare l’afflato musicale dell’autore.
L’approccio lirico si mescola con il rigore e l’interpretazione è, se possibile, complementare a quello di Mackerras.
Quello che si apprezza in questa versione è che ogni tempo, lento o veloce, ha le sue gradazioni e particolarità.
Nulla è banale, ma tutto è riportato ad una ricerca della mutevolezza tonale che abbellisce senza appesantire questo capolavoro.
Il senso cameristico dell’ensemble di Gardiner permette di evidenziare le parti solistiche ed allo stesso tempo l’insieme in un equilibrio perfetto, capace di conquistare sia chi in questa sinfonia cerca la matrice del passato sia chi, ed è la sua vera forza, vi cerca la strada verso la struttura musicale futura ottocentesca.