Purcell – Didone ed Enea
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Purcell – Didone ed Enea

La discoteca ideale

di Cosimo Cannalire

 

Senza dubbio si tratta del più grande compositore inglese di tutti i tempi (anche perché dopo di lui le vette musicali non è che, con qualche eccezione come Elgar, siano state tante oltremanica…).

Muore giovane, ma è prolifico e diversificato nel repertorio.

Il suo epitaffio a Westeminster Abbey, che recita: Qui giace Henry Purcell, che ha lasciato la vita per l’unico luogo in cui la sua armonia possa essere superata, la dice lunga sulla self consciousness del personaggio e sulla visibilità raggiunta in vita.

Il suo capolavoro è di certo l’opera Didone ed Enea, rappresentata, come dice il libretto, presso un collegio sacerdotale da giovani gentildonne. In realtà si è scoperto che l’opera stessa era stata originariamente scritta per la corte di Carlo II e questo deve essere debitamente considerato sia in termini di esecuzione che messa in scena.

Non ci troviamo pertanto di fronte ad una tragedia classica da parte di una jeunesse doree femminile per amici e parenti, bensì davanti ad un dramma maturo, vissuto ed empatico, meritevole di voci di alto profilo, con assegnazione dei ruoli (quello della maga ad un basso, per esempio – assegnare un ruolo femminile ad un maschio era una prassi consolidata all’epoca) ben studiata.

La prassi esecutiva dell’opera si presta pertanto ad una teatralità spinta con generosità in qualità e quantità nella compagine orchestrale. Il ruolo dei cantanti solisti, visto il senso dell’opera e la sua messa in scena necessariamente drammatica diventa, in un contesto del genere, fondamentale.

Jacobs con una compagine inglese punta molto sul roster di cantanti di livello e soprattutto specializzati nel repertorio; inoltre crea una filigrana sonora assai teatrale ed è certamente apprezzato da coloro che cercano un’interpretazione anti-inglese, immaginativa ed in qualche modo rivitalizzante.

Christie con forze francesi ovviamente punta (non sia mai che lo sciovinismo gallico ci venga a mancare…) sull’influenza francese nella musica di Purcell. Talvolta si arriva a punte di Lully, ma il tutto suona abbastanza riuscito con i cantanti francofoni che evitano anche di apparire fuori luogo su un testo inglese (lo stesso avviene per certi gruppi inglesi di punta che si cimentano su Monteverdi).

La versione di riferimento è però made in UK, con Hogwood alla direzione. Il line up vocale è il meglio della perfida Albione, l’orchestra (Academy of Ancient Music) creata dallo stesso Hogwood è una delle prime compagini barocche ad aver suonato su strumenti originali ed il coro pesca il meglio dai colleges di Oxbridge; il risultato è di una bellezza preraffaellita con la sensazione di assistere in un quadro di Poussin pieno di resti antichi ad un evento allo stesso tempo classico ed immortale.

Purcell – Didone ed Enea
Mozart Sinfonia n41

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