Vivaldi – le quattro stagioni
di Cosimo Cannalire
Stiamo parlando del repertorio classico più noto ed abusato, ma anche di un autore spesso sottovalutato in termini di impatto sulla storia della musica (non ultimo su Bach) e di specifiche qualità musicali (la coloratura soprattutto) che hanno avuto un’influenza non trascurabile sui contemporanei.
Ci si può riferire a tante opere di questo assai prolifico autore, ma forse il pezzo più maistream che lo rappresenta è l’opera 8, che include le Quattro Stagioni.
La forma interpretativa di questo pezzo ha avuto una vicissitudine temporale assai particolare.
Nel passato la prassi esecutiva su strumenti contemporanei ne ha fatto quasi una macchietta musicale con uso dell’ornato spesso insistente e disturbante, superficialità e voluta semplificazione del messaggio musicale, inutile uso di virtuosismi (soprattutto a livello dei violini) ed in sintesi un approccio marcatamente commerciale in linea con l’uso ed abuso del pezzo (pubblicità, etc.).
La scoperta dell’interpretazione su strumenti originali ha completamente modificato la dimensione sonora dell’opera.
La rottura con il passato è stata introdotta da Harnoncourt con una versione nervosa ed asciutta dell’opera con sonorità stridenti, poco eufoniche rispetto alle precedenti versioni, ma certamente di rottura e di sommovimento di un fondale sonoro altrimenti cristallizzato su prassi interpretative ripetitive e banali.
Lo segue Hogwood con una versione più dolce e meno espressionista, quindi Pinnock, vari interpreti olandesi, francesi e tedeschi e via via tanti altri ormai tutti allineati sulla necessità di una prassi interpretativa ‘originale’.
L’Italia, pionieristica nella prassi standard pre strumenti originali, ha faticato ad entrare in questo mindset ma, una volta superata la barriera culturale, ha sfornato gruppi che oggi probabilmente sono i migliori al mondo su questa prassi interpretativa.
Suggerire quale interpretazione scegliere non è semplice e forse anche riduttivo perché questo pezzo, come la natura, va e viene secondo la percezione personale dell’uditore.
Ho citato il colore ocra di Harnoncourt, con una versione che è quasi una rappresentazione musicale di un quadro di Bruegel, potrei indicare Carmignola con la Venice Baroque Orchestra ed il suo afflato narrativo (cromosomi di generazioni di musicisti veneziani che emergono ad ogni nota), la versione di Alessandrini con il Concerto Italiano (equilibrata ed innovativa ad un tempo con un diverso violino solista per ogni stagione), la Freiburg Baroque Orchestra tedesca con una trama musicale che potrebbe ricordare una ‘dentelle’ di Bruges, la Podger con Brecon Baroque e la sua versione inglese che si ispira a Hogwood e Pinnock, ma forse il gruppo che oggi mi sentirei più di suggerire è il Giardino Armonico diretto da Antonini.
Il Giardino Armonico è un miracolo musicale italiano, raccoglie solisti di livello assoluto ed ha un’espressività unita ad un senso del ritmo e del colore senza eguali.
Suggerisco di acquistare l’intera opera 8 in questa esecuzione perché, oltre a dare un’immagine di Vivaldi più olistica rispetto alle sole Quattro Stagioni, posiziona il pezzo nell’integrale dell’opera concepita dall’autore.
Un’occasione tra l’altro per scoprire Antonini come direttore (ha appena diretto a Milano un Giulio Cesare di Haendel da ricordare) che ha tra l’altro in corso la pubblicazione di un’integrale delle sinfonie di Haydn che si preannuncia come un evento musicale unico nella storia della musica degli ultimi anni.