Il Travertino
Cartoline dal passato
di Tertulliano Bonamoneta
L’estrazione del travertino è una delle attività principali del territorio di Tivoli. Lo è oggi come lo fu in età classica, quando si aprirono presso il Barco le prime cave di questa pietra molto particolare, perché è tenera da lavorarsi e resistente al tempo stesso. Si presta ottimamente per statue, colonne e capitelli. Quelli di stile corinzio realizzati con questa pietra sono particolarmente suggestivi, come si può notare nel colonnato del tempio di Vesta, sempre a Tivoli. Cavare i banchi di travertino non è facile poiché richiede una lunga esperienza, che va dalla ricerca degli strati utili al trasporto dei materiali ed alla loro lavorazione. Un tempo i grandi blocchi, appena sbozzati sul posto, venivano caricati su appositi barconi e trasportati a Roma attraverso i fiumi Aniene e poi Tevere. Nei tempi più vicini a noi si usavano anche particolari carri, resistenti al carico, che venivano trainati da varie coppie di bufali. Giunti a destinazione, venivano segati e ridotti nelle forme desiderate. L’edificio classico più imponente costruito in blocchi di travertino è il Colosseo, che ancor oggi resiste egregiamente al tempo. Quello più famoso nelle epoche successive è il maestoso colonnato del Bernini a S. Pietro del XVII secolo. Esportato all’estero, il travertino o ‘pietra di Tivoli’ ha abbellito molti edifici contemporanei con i suoi pregiati rivestimenti.
In questa prima cartolina si vede una cava di fine Ottocento, in cui stanno lavorando operai per la prima operazione di selezione e squadramento dei massi cavati. Essi saranno trasportati attraverso carrelli su binari fino alla stazione ferroviaria, da dove partiranno per le varie destinazioni.
I1 territorio di Bagni di Tivoli fu detto inizialmente Bagni-Albule per indicare la zona in cui sgorgavano le acque albule, presso le quali furono costruiti i primi bagni ad uso pubblico. Questo spiega perché entrambe le cartoline qui presentate riportano in calce la didascalia, per l’appunto, ‘Bagni-Albule’.
In questa seconda cartolina si vedono in primo piano alcuni blocchi di travertino di piccola consistenza, che sono in attesa di essere ulteriormente tagliati. In fondo, invece, si notano molte lastre di travertino, uscite dal vicino laboratorio, che sono state appoggiate verticalmente allo scopo di mostrare agli acquirenti lo spessore delle stesse, il quale varia a seconda dell’uso che se ne vuol fare. La parte superiore degli strati, all’inizio dello scavo, si presenta porosa e fragile e perciò viene scartata e destinata ad usi secondari, ad esempio per la costruzione di muri a secco, o macere, con cui si solevano un tempo separare terreni di diversi proprietari oppure come fondo stradale, o ancora come materiale per ottenere la calce nelle così dette ‘calcare’. Dietro le lastre, notiamo subito che il muro a secco è stato realizzato con pezzi di ‘testina’, che sempre abbonda all’interno delle cave. Quelle ‘storiche’ sul territorio di Tivoli appartengono alle note famiglie Caucci, Conversi, Giansanti, Lippiello, Mariotti, Morelli, Pascucci, Poggi, Todini. Alcune cave hanno propri macchinari per tutte le operazioni successive all’estrazione, altre si servono di laboratori specializzati, che possono trovarsi sul posto oppure in altre zone o città. A Tivoli si cominciò a fare largo uso del travertino con la costruzione del santuario di Ercole Vincitore, nel I secolo a.C. Nelle età successive, il suo impiego divenne massiccio a partire dal sec. XVI, soprattutto nella realizzazione di portali, finestre, cornici, colonne, pilastri, architravi e gradini.