Marie Curie: una donna visionaria
di Silvia Mazzolini
Marie Curie: prima donna e unico scienziato in assoluto a vincere due premi Nobel (Fisica nel 1903 e Chimica nel 1911), ha dato il suo nome ad un’unità di misura, il Curie, che misura la radioattività degli elementi.
Maria Sklodowka nasce a Varsavia nel 1867, e già dalle scuole primarie si distingue per una forte passione per le scienze ed una eccezionale memoria. Quinta figlia dopo tre femmine ed un maschio, il padre uno scienziato e insegnante di fisica, la madre direttrice di scuola.
In quel periodo, in Polonia, le donne non hanno accesso agli studi superiori, pertanto Marie si trasferisce con la sorella a Parigi, lavorando entrambe per finanziarsi gli studi alla Sorbona: la sorella Bronya in medicina e Marie alla facoltà di fisica.
Qui conosce il suo futuro marito Pierre Curie, anche egli fisico. I due si sposeranno nel 1895 e dopo due anni nascerà la loro prima figlia Irene, futura scienziata.
La coppia inizia a lavorare insieme continuando le ricerche di Henri Becquel sull’uranio, ampliandole alla pechblenda, il minerale da cui si estrae l’uranio stesso. Scoprirono che la pechblenda priva di uranio continuava ad emettere radiazioni deducendo che, al suo interno, dovevano essere presenti elementi fino ad allora sconosciuti che producevano tale fenomeno.
Nell’anno 1898 i coniugi Curie scoprono il Polonio, e il Radio (da radius, raggio). Pubblicarono la loro scoperta nel bollettino dell’Accademia delle Scienze, con queste parole:
Crediamo che la sostanza che abbiamo tratto dalla pechblenda contenga un metallo non ancora segnalato, vicino al bismuto per le sue proprietà analitiche. Se l’esistenza di questo metallo verrà confermata, noi proponiamo di chiamarlo polonio, dal nome del paese di uno di noi.
Marie comprese per prima che la radioattività era un fenomeno atomico e, con questa scoperta, ebbe inizio l’era della fisica atomica.
Purtroppo, qualche anno più tardi Pierre muore in un tragico incidente, investito da un carro mentre tornava a casa dall’università.
Il lutto non ferma il lavoro di ricerca di Marie: nel 1910 isola il Radio sotto forma di metallo, nel 1911 riceve il suo secondo premio Nobel e lo stesso anno partecipa al congresso Solvey di Bruxelles – prima ed unica donna – che riunisce i più prestigiosi scienziati mondiali (era presente anche Einstein).
Gli anni successivi li dedica all’applicazione delle sue scoperte e, con le figlie Irene ed Eve, realizza le prime macchine per radiografie, utilizzandole al fronte nel primo conflitto mondiale. Si stima che oltre un milione di soldati feriti siano stati trattati con le loro unità a raggi X.
Questa è la brevissima sintesi della vita di una visionaria: prima donna ad essere ricevuta nel 1903 alla Royal Institution di Londra, prima donna ad ottenere due premi Nobel, prima donna professore alla Sorbona, prima persona cui è stata offerta due volte la Légion d’Honneur (rifiutata entrambe le volte), prima donna ad essere nominata all’Accademia di Medicina francese.
Questi traguardi possono sembrare superficialmente un’ininterrotta catena di successi, ma la sua vita è stata molto più ricca, tormentata, ed interessante.
Nonostante la proficua carriera scientifica ed accademica Marie rimase sempre una donna riservata e lontana da ogni forma di vanità.
La descrive così sua figlia Eve:
Un’immagine, sempre la stessa, domina per me il ricordo di queste feste, di quei cortei: il volto esangue, inespressivo, quasi indifferente di mia madre […] in lei nulla è mutato; né la paura della folla, né la timidezza che fa gelide le sue mani, che dissecca la sua gola né, soprattutto, la sua incurabile inettitudine alla vanità
(E. Curie, Vita della signora Curie, 1938).
Già da questa descrizione si evince il carattere di Marie; una donna schiva, riservata, ossessionata, depressa (non esiste un’immagine che la ritrae sorridente), caparbia, tenace e generosa; inconsapevolmente si è servita del proprio prestigio, delle proprie rare qualità intellettive per onorare e servire la scienza.
«Nell’ambito della scienza – diceva – dobbiamo interessarci più alle cose e non alle persone» e, nella sua vita, praticò quei principi di solidarietà con la quale era stata educata.
Le sue incredibili ed eccezionali scoperte non furono mai brevettate; i coniugi Curie condivisero le loro ricerche con chiunque ne facesse richiesta. Lei ed il marito rinunciarono in nome della scienza a trarre dai loro esperimenti ogni qualsivoglia profitto materiale.
Molti miei amici affermano che se io e Pierre avessimo garantito i nostri diritti, avremmo conquistato i mezzi finanziari necessari per la creazione di un Istituto del Radio soddisfacente, senza incontrare gli ostacoli che sono stati per noi un handicap e che sono tali ancora per me. Tuttavia, rimango convinta che abbiamo avuto ragione. L’umanità ha certamente bisogno di uomini pratici che traggano il massimo possibile dal loro lavoro e che, senza dimenticare il bene generale, salvaguardino i propri interessi.
Ma essa ha anche bisogno di sognatori, per i quali il prolungarsi disinteressato di un’impresa è così affascinante che è per loro impossibile consacrarsi ai propri benefici materiali. Non si può dubitare di questo: questi sognatori non meritano la ricchezza perché non l’hanno desiderata. Tuttavia, una società ben organizzata dovrebbe assicurare a questi lavoratori i mezzi efficaci per adempiere al loro compito, in una vita liberata dalle preoccupazioni e liberamente consacrata alle ricerche.
Senza dubbio, un grande esempio morale…
La morte di Pierre
Il 19 aprile 1906 Pierre, rientrando a casa dall’università, viene travolto e ucciso da un carro; Marie apprende la notizia al suo rientro la sera.
Sua figlia Eve racconta l’evento:
Marie rimane talmente immobile, talmente rigida, che si potrebbe credere non abbia capito nulla. Ella non si abbatte tra braccia affettuose, non geme, non piange. Si direbbe inanimata, insensibile come una bambola di stoppa. Dopo un lungo silenzio atterrito, le sue labbra, si muovono finalmente per chiedere a bassa voce, sperando follemente chi sa quale smentita:
«Pierre è morto? Morto? Proprio morto?» È banale affermare che una catastrofe può trasformare improvvisamente un essere per sempre e, tuttavia l’influenza decisiva di quei minuti sul carattere di mia madre, sul suo destino è su quello delle sue figliole, non può essere passata sotto silenzio. Marie Curie non s’è mutata da moglie felice a vedova inconsolabile. La metamorfosi è meno semplice, più grave… Dal momento in cui queste tre parole ‘Pierre è morto’ hanno raggiunto la sua coscienza, un mantello di solitudine e di mistero s’è posato per sempre sulle sue spalle. Nello stesso tempo che una vedova, la signora Curie, in quella giornata di aprile, divenne una pietosa, incurabile isolata.
Soltanto dopo la morte del marito ella prese a scrivere in un diario brani che riguardavano se stessa, i suoi sentimenti più profondi.
Tali diari, unitamente a tutti gli appunti, pubblicazioni ed epistolari sono conservati alla Biblioteca Nazionale Francese, in un caveau, dentro casse di piombo (l’emivita del più comune isotopo del radio è di 1601 anni), e consultabili, a proprio rischio e pericolo, da chiunque ne faccia richiesta, così come fermamente voluto dai loro autori.
Dalla sua biografia, scritta per mano della figlia, dai documenti conservati e sopra nominati, si deduce il ritratto di un genio che ha dovuto fare i conti con i propri spettri; una persona ossessiva e meticolosa. Registrava dettagliatamente i metri di stoffa acquistati per la confezione delle camicie di Pierre, elencava giorno per giorno ogni accadimento, evoluzione in termine di crescita, peso e addirittura i grammi di cibo somministrati alle figlie Eve ed Irene, dalla nascita e per decenni. Tutto era sotto il suo maniacale controllo. Incapace completamente, invece, di esternare, manifestare ogni qualsivoglia emozione. Dalle sue biografie risulta abbia iniziato a soffrire di depressione già all’età di 15 anni. Effettivamente non esiste alcuna foto che la ritrae sorridente né in ambito professionale né personale, ad eccezione di quella in cui con il marito Pierre partono in bicicletta per il viaggio di nozze
Di seguito, i manoscritti in cui elenca le spese effettuate per Pierre ed il diario in cui registra i progressi nella crescita delle figlie Eve ed Irene.
Le prime pagine elencano in maniera dettagliata, giorno per giorno, peso iniziale, cm di lunghezza, numero di pasti e quantità degli stessi, peso finale giornaliero. Nelle pagine successive è registrato ogni tipo e quantità del cibo solido destinato allo svezzamento e i medicinali somministrati. Madama Curie inizia a scrivere pedissequamente ogni progresso motorio ed intellettivo delle figlie; ogni spostamento e viaggio; alla pagina 35 del diario annota esattamente le conversazioni tra lei e sua figlia Irene (6 anni); nemmeno una cartella clinica contiene così tante informazioni. Dal 1898 al 1909 registra il suo peso e quello di Pierre: presumibilmente le prime conseguenze dell’esposizione alle radiazioni avevano avuto effetto proprio con le variazioni ponderali.
D’altronde tale maniacale, paziente elencazione trova ogni riscontro nella sua scrittura: cura grafica, eccezionale tenuta del rigo di base (determinazione e costanza), assi letterali paralleli (rigidità, pedanteria), dimensione piccola delle lettere (esegesi scientifica, eccezionale spirito di osservazione). Questi ‘parametri grafici’ in combinazione tra loro si traducono anche con assenza di vanità, riservatezza e timidezza di cui ci racconta sua figlia.
Sembra impossibile pensare che, unitamente all’impegno nel lavoro di ricerca scientifica, di madre e di moglie, ella abbia avuto il tempo e la necessità di documentare ogni cosa della sua vita e di quella della sua famiglia.
Di seguito le pagine del quaderno in cui Marie Curie annotava ogni spesa personale e familiare: le spese per la cucina, la farmacia, i libri per le figlie, le fotografie, le stoffe per i vestiti, persino il costo dei fiori.
La gestualità grafica è quella di un soggetto riflessivo, caratterizzato da ordine interiore e mentale, in cui prevale la componente introversiva, la modestia e la moderazione, ma anche una ridotta facilità di contatti con l’ambiente e difficoltà nel manifestare i sentimenti.
Ancora una volta la descrizione della scienziata, narrata nella biografia dalla figlia, trova ogni conferma nella sua scrittura.
Il 19 Aprile del 1906 Pierre muore tragicamente ed improvvisamente e Marie entra nel più profondo sconforto. Tutte le emozioni e la sua disperazione le imprime un quaderno.
Il diario dalla morte di Pierre
«Pierre Curie è stato schiacciato a morte per strada, il 19 Aprile».
Queste, le prime parole impresse nella prima pagina del diario. Tutto il quaderno è una struggente lettera d’amore per il marito; in ogni pagina trasuda la passione e l’intero trasporto emotivo per lui, al quale si rivolge come se fosse vivo, in un lungo ed amorevole dialogo intriso di disperazione. Marie riesce per la prima volta, scrivendo al suo amato, a dare liberazione e sfogo alle proprie emozioni. La tragedia l’ha profondamente disorientata; Pierre era il suo punto di riferimento, una simbiosi affettiva, intellettiva e professionale. La tenuta del rigo inizia ad esitare; l’incertezza si manifesta pienamente nella scrittura. Anche quell’ordine, quella chiarezza, che caratterizzava la sua personalità grafica vacilla inevitabilmente. L’andamento della scrittura ondeggia impercettibilmente
Marie non sarà più la stessa dalla morte del marito, il suo carattere riservato, schivo, introverso, si manifesterà sempre più con maggiore accentuazione. Ma la morte di Pierre non le impedirà di continuare da sola l’ascesa di eccelsa ricercatrice e di accademica; occuperà da questo momento in poi la cattedra alla Sorbona che era stata assegnata al marito. Morirà irrimediabilmente, radio lesa, di anemia aplastica a 67 anni nel 1934. Quel ‘mantello di solitudine e mistero’, che si posò sulle sue spalle dopo la morte di Pierre, vi rimarrà fino alla fine, sostituito da un lenzuolo di piombo a protezione delle spoglie radioattive tumulate nel Pantheon di Parigi.
Nota: I documenti manoscritti, enorme fonte di informazioni scientifiche, morali e umane, provengono dalla Biblioteque Nationale de France, dove sono stati digitalizzati a disposizione dell’umanità e liberamente consultabili da chiunque.