Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli
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Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli

di Silvia Mazzolini

Attraverso la disamina delle scritture di Gabriele D’annunzio e di Giovanni Pascoli sarà possibile concludere che l’espressione grafica dei due poeti rispecchia esattamente la rispettiva natura temperamentale.

Gabriele D’Annunzio nasce a Pescara nel 1863; dopo il Liceo, frequentato a Firenze, si trasferisce a Roma iscrivendosi alla Facoltà di Lettere. Successivamente a un breve soggiorno in Francia rientra in Italia per partecipare alla Prima Guerra Mondiale come volontario. Nominato Colonnello, l’esperienza militare lo rende famoso per le sue spericolate gesta, come il famoso volo su Vienna e la campagna di Fiume. Tutta la sua vita è una miscellanea di coraggio, arditezza e disprezzo del pericolo. La passione è il fuoco che alimenta ogni sua azione. Amante dell’arte, non solo amatoria – collezionerà decine di amanti – si dedicherà nella seconda parte della sua vita alla realizzazione del Vittoriale degli Italiani: una lussuosa e stupefacente dimora-museo che rappresenta il carattere eclettico del Poeta, il desiderio di tramandare la dimensione eroica della sua vita manifestando la percezione di grandezza che egli ha di sé.

Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli
Gabriele D’Annunzio

Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre 1855. Poco dopo la morte del padre – assassinato mentre tornava a casa con il suo calesse trainato da una cavalla storna, rievocata nella famosa poesia – il Pascoli perse anche la madre e le due sorelle, e la famiglia, composta prevalentemente di ragazzi, cadde nella miseria e nel dolore. Il poeta poté giungere alla laurea, grazie ad una borsa di studio che gli permise di frequentare l’università di Bologna. Le vicende dolorosissime, in un contesto di povertà, influirono nella formazione del carattere e nella successiva produzione letteraria, incentrata alla passività, all’accettazione di una realtà malinconica che gli facesse da scudo al mondo, dove la ricerca di serenità poteva avvenire soltanto tramite le piccole cose e il contatto con la natura. Il ‘Fanciullino’ esprime perfettamente lo spirito delicato del Poeta: un eterno fanciullo, un fanciullino, che continua a vivere in ogni uomo anche dopo la fine dell’infanzia.

Giovanni Pascoli

Dalla vita e dalla rispettiva produzione letteraria dei due poeti risaltano i due opposti: D’annunzio il Super Uomo e Pascoli il Fanciullino.

L’osservazione delle loro scritture a confronto evoca, anche ai non esperti, l’antitesi caratteriale dei protagonisti.

A prescindere dai contenuti di amore focosi e passionali rivolti alla sua amante (eros) in D’annunzio, di amore tra consanguinei, inteso in questo caso come appartenenza familiare, rivolti alla sua adorata sorella (storgè) in Pascoli, ritroviamo, nelle caratteristiche grafiche del primo, il coraggio, il senso di avventura e il desiderio di gesta eroiche ed eccezionali che si manifestano con forme grafiche semplificate e personalizzate, intrise di energia, rivelando l’aspetto narcisistico ed estetico del poeta; pressione incisiva, tratti slanciati (indice di coraggio e aggressività), pastosi con colate di inchiostro (tendenza a prediligere l’aspetto materiale della vita), spiccatamente angolosi (soggettività); forme letterali grandi (egocentrismo e percezione grandiosa di sé), andamento sinuoso sul rigo di base (irrequietezza).

Il prodotto grafico di Pascoli presenta peculiarità completamente opposte: si osservi la dimensione piccola delle lettere (introspezione, cautela, assenza di protagonismo, spiccata capacità di analisi), la pressione leggera (sensibilità e delicatezza di animo, fragilità emotiva), le forme letterali curvilinee (bontà, incapacità di odio e rancori, assenza di aggressività).

Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli

(fig. 3)

Particolare di lettera scritta da D’Annunzio ad una delle sue amanti Giselda Zucconi

Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli

(fig. 4)

Particolare di lettera scritta da Pascoli alla sorella Maria

 

Analizzando anche i contenuti dei manoscritti si evince la contrapposizione temperamentale dei due poeti a confronto. Nella famosa ‘Beffa di Buccari’ D’annunzio, nel dimostrare l’inefficacia della difesa austriaca nemica, risollevò il morale dei suoi militari lanciando nella baia di Buccari tre bottiglie contenenti un messaggio di scherno verso gli avversari. Per ricordare l’evento il Vate coniò la frase ‘memento audere semper’ sostituendo il motto ‘motus animat spes’, ritenuto da egli poco virile per un’impresa militare e facendolo incidere dietro la tavoletta della ruota del timone del Mas di cui era ufficiale. Le parole rivolte al nemico rispecchiano l’esaltazione adrenalinica di D’Annunzio nel disprezzo del pericolo e nella necessità di grandiosità, alimentata dalla sua struttura egocentrica.

Il tracciato grafico, in questo biglietto, pur mantenendo le caratteristiche grafiche sostanziali e particolari del manoscritto precedente, rivela un’ulteriore specificità: una cura maggiore grafica, per l’esigenza di farsi comprendere nella lettura, e la presenza di rigidi tratti orizzontali in finale di lettera, indice di sfrontatezza. La firma inoltre, che presenta una lunga sottolineatura, rivela la necessità di erigersi su un piedistallo e il desiderio di protagonismo.

La lettera di Pascoli al suo amico Alfredo Caselli rivela l’autore già nel contenuto. Nel secondo paragrafo Pascoli si ritiene ‘un non granché’ e svela in queste poche parole la scarsa immagine che ha di sé stesso. La lettera inizia con lettere grandi con un armonico interrigo, ma via via diminuiscono nelle dimensioni sia delle lettere che lo spazio tra le righe. All’inizio manifesta ‘coraggio’ nel tentativo di assolvere il desiderio di imporre il suo disappunto per la mancanza di riscontro epistolare da parte dell’amico, man mano che procede la scrittura diventa più minuta, quasi a prendere consapevolezza di non essere in grado di mantenere le sue determinazioni. Il ‘cedimento’ si rinviene nella firma, dove la parte finale del cognome si rimpicciolisce ulteriormente (quasi a nascondere a sé stesso di aver osato troppo) e si piega cadendo letteralmente al di sotto del rigo.

Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli

(fig. 5)

Biglietto di beffa alla flotta austriaca

Scritture come ritratti parlanti D’Annunzio e Pascoli

(fig. 6)

Lettera di Pascoli al suo amico Alfredo Caselli

 

L’energia vitale dei due personaggi si deduce dalla pressione esercitata sul foglio: D’Annunzio rivela un timbro pressorio incisivo e nutrito, al contrario Pascoli procede nel tracciato con una delicatezza che si manifesta con un ‘filo’ grafico sottile e scarsamente marcato.

Per concludere possiamo certamente affermare che le caratteristiche temperamentali dei poeti trovano puntuale riscontro nelle rispettive produzioni grafiche: l’uno vive la vita con l’esigenza di farsi notare e l’altro con il timore di essere notato.

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