La bellezza della bellezza
Sin da bambini uno dei sentimenti che ci sovrasta è il sentire, in noi, sapore di ovvio, di naturale e scontato riguardo all’ESSERCI e, per giunta, come se ciò non avesse avuto un inizio e non possa avere una fine.
Sin da bambini uno dei sentimenti che ci sovrasta è il sentire, in noi, sapore di ovvio, di naturale e scontato riguardo all’ESSERCI e, per giunta, come se ciò non avesse avuto un inizio e non possa avere una fine.
Parlare di spazi significa parlare di un bisogno dell’essere umano che è quello di un ambito di demarcazione, perché è un bisogno dell’uomo mettere i confini che distinguano le componenti della realtà. Questo discorso sul confine, sul limite, è assai importante – azzarderei anche la parola ‘vitale’ – poiché ha la funzione di mantenere l’integrità del soggetto.
In questo strano tempo dove sembra di essere stati proiettati, involontariamente, dentro ad un film di fantascienza, siamo alle prese con una quantità di domande che quotidianamente ci poniamo, rispetto al modo in cui tutto questo sia stato possibile. Il nemico, ‘IL VIRUS’, si insinua in modo subdolo, silenzioso, invisibile, sembra avere i caratteri, anomali, di una modalità di intervento, nella vita degli uomini, che in Filosofia generalmente viene identificata con il termine di ‘Trascendenza’.
Innegabile che il termine ‘θαῦμα’ risolva in sé contemporaneamente i concetti di terrore e di meraviglia. Molti filosofi contemporanei si sono cimentati nel chiarire che il processo del sapere umano altro non è stato, sin dalle sue origini, che cercare di fronteggiare, in modo tale da non esserne travolto, il senso della forza dell’atto coscienziale, teso a salvaguardarsi sapendo sempre di essere ai bordi di un precipizio: giustificare nei suoi ‘perché’, l’essere consapevoli di esserci e di voler continuare a giustificare questa condizione, accettandola attraverso la conoscenza.
Indiscutibile modalità di intervenire in un equilibrio, in un senso delle cose del Mondo capaci entrambi di dare valore, attraverso un processo culturale che vede protagonista l’uomo e la sua attività intellettiva, al tutto! proprio attraverso le Kantiane ‘Idee della Ragione’. Cosa potremmo essere senza le ‘Idee della Ragione’, certamente non la realtà problematica ed allo stesso tempo affascinante che esprimiamo attraverso l’evidente supremazia dell’astratto rispetto al concreto, ovvero dell’IDEA che rende possibile se stessa nell’apparente mondo del concreto.
Indiscutibile modalità di intervenire in un equilibrio, in un senso delle cose del Mondo capaci entrambi di dare valore, attraverso un processo culturale che vede protagonista l’uomo e la sua attività intellettiva, al tutto! proprio attraverso le Kantiane ‘Idee della Ragione’. Cosa potremmo essere senza le ‘Idee della Ragione’, certamente non la realtà problematica ed allo stesso tempo affascinante che esprimiamo attraverso l’evidente supremazia dell’astratto rispetto al concreto, ovvero dell’IDEA che rende possibile se stessa nell’apparente mondo del concreto.
Nella visione empiristica di Hobbes (1588-1679), il bene ed il male derivavano all’uomo soprattutto dal modo, più o meno completo, con cui le azioni stesse sono in grado di appagare i desideri del singolo individuo e, pertanto, bene e male variano, secondo Hobbes, da individuo a individuo. Per S. Agostino (354-430) più che di male si doveva parlare di errore poiché l’intelletto coglie sempre il vero del senso delle singole cose che sono, altrimenti sarebbe impossibile progredire o trovare qualsivoglia specificità del senso della realtà.
Il tema della definizione di Dio ha coinvolto molta parte del pensiero filosofico fin dalla antica Grecia. Lo si è cercato di definire e quindi di oggettivare sempre in modo ampio, articolabile il più possibile con ragioni che son sembrate spesso essere inattaccabili nel loro costrutto logico-formale. Si pensi a Pitagora (570-497 a.C.) con il Dio Monade, ossia contenitore del tutto e da cui tutto deriva, che annulla in sé tutti i contrasti
Il tema della definizione di Dio ha coinvolto molta parte del pensiero filosofico fin dalla antica Grecia. Lo si è cercato di definire e quindi di oggettivare sempre in modo ampio, articolabile il più possibile con ragioni che son sembrate spesso essere inattaccabili nel loro costrutto logico-formale. Si pensi a Pitagora (570-497 a.C.) con il Dio Monade, ossia contenitore del tutto e da cui tutto deriva, che annulla in sé tutti i contrasti